Palagonia suite

Comme le précise l’essayiste Giovanni Macchia (1987, p. 2), « en 1770 déjà, la villa Palagonia était devenue une halte obligée pour les voyageurs, aux yeux desquels, de Jean Houel à Goethe et von Arnim, elle semblait résumer toute la bizarrerie des choses siciliennes ». Les monstrueuses statues de la villa étaient initialement au nombre de 250 – certaines sources avancent le chiffre de 600 – et il en reste à présent 62. Pierre Sébilleau (1966, p. 292) a fourni d’exaltantes informations aux personnes qui, de nos jours, souhaitent la visiter : « Ce chef d’œuvre mérite, mieux que tout autre, le nom de « folie ». Sur une place immense, écrasée de soleil, s’ouvre, de guingois, un portail soutenu par deux atlantes hauts de trois mètres, mais qui n’en sont pas moins des nains monstrueux, l’un vêtu en égyptien, l’autre en gentilhomme avec fraise et rhingrave [2] baveuse. Passé ce portail, vous pénétrerez dans un jardin, fouillis de palmiers sales, de cactus mités et d’herbes folles, qu’entoure un mur surmonté d’une frange ininterrompue de statues, hautes d’un mètre environ et représentant des musiciens, des danseurs burlesques, des stropiats, des bossus, des monstres : animaux à tête d’hommes et hommes à têtes d’animaux. Par contre, la villa se présente avec une belle façade convexe aux nobles balustrades. Mais elle n’a pas de porte ! Vous embouchez la seule ouverture qui s’ouvre devant vous : une sorte de tunnel jalonné de statues fantomatiques, qui traverse le corps du logis de part en part et vous mène devant la façade arrière, concave celle-là et encore plus harmonieuse que l’autre, avec son escalier à double révolution. Mais vous n’avez aucun recul pour l’admirer : le mur couronné de grotesques est là tout près, percé d’un autre portail aux atlantes monstrueux. L’intérieur est tout aussi extravagant, mais encore plus désolant de saleté et d’abandon. Vous y accédez par un vestibule ovale, dont les colonnades en trompe-l’œil gardent de l’allure sous une couche de crasse. Mais il faut enfoncer une porte déglinguée pour entrer dans la galerie qui longe la façade convexe et qu’encombrent les débris amoncelés d’une ravissante décoration faite de miroirs, de stucs et de panneaux en marqueterie de verres colorés. À côté, dans une grande salle au plafond tapissé de miroirs vénitiens, sertis d’or mais ébréchés et verdis, on ne trouve plus rien des facéties du prince de Palagonia : statues dont la main était placée de telle façon qu’elle accrochait les perruques au passage, sièges dont un pied se pliait quand on s’y asseyait… ».

Giovanni Macchia

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DIFESA DEI TAGLIAPIETRE DEI MOSTRI BAGHERESI

Contro il severo giudizio espresso due secoli prima dal Goethe, un articolo del giornalista catanese Saverio Fiducia rivalutò nel 1953 l’oscura opera dei creatori delle orride statue settecentesche di Villa Palagonia


A dispetto della sua complessiva eccezionalità architettonica, la Villa Palagonia di Bagheria è conosciuta e visitata soprattutto per le sue bizzarre statue di “mostri” che a partire dal 1747 furono commissionati ad ignoti scultori dal principe Francesco Ferdinando Gravina e Alliata. Fra le molte pagine che raccontano la storia di questi “mostri”, quelle di Rosario Scaduto ( “Villa Palagonia, storia e restauro”, Eugenio Maria Falcone Editore, 2007 ) individuano la loro fonte di ispirazione nell’opera “La Sicilia ricercata nelle cose più memorabili”, pubblicata nel 1742 da Antonino Mongitore:

“Il Mongitore accennò all’esistenza di alcuni animali molto particolari conservati nel museo del Collegio dei Padri Gesuiti di Palermo, come ad esempio, dei due capretti interi e legati nel ventre, dei quali furono pure fatti analisi e disegni ‘per conservarne la memoria; poiché si dubita, che col tempo resteranno consumati’ o quello, al tempo recentissimo, di una vacca ermafrodita nata nella masseria di Antonio lo Monaco, in località ‘Montagna dei cani in Palermo’, cioè nella montagna Pizzo Cane, vicino Bagheria, all’epoca facente parte del territorio di Palermo”

Alcune delle statue dei “mostri”della settecentesca Villa Palagonia

Le fotografie sono da attribuire a Fosco Maraini ed illustrarono un racconto del giornalista catanese Saverio Fiducia apparso nel marzo del 1953 sulla rivista mensile “Tutta Sicilia

 

Ancora Rosario Scaduto ( opera citata ) attribuisce giustamente la “mostruosità” delle sculture di Villa Palagonia anche alle caratteristiche della pietra tufacea utilizzata per abbozzarle: la secolare esposizione all’atmosfera ne ha intaccato l’aspetto originario, sia per l’azione erosiva delle piogge che per le alterazioni di natura chimica, a cominciare da quelle provocate dagli inquinanti atmosferici:
“Si conferma che per alcune delle statue – si legge ancora nel saggio di Scaduto – più che di raffigurazioni mostruose debba invece parlarsi di metamorfosi dei materiali costituenti, che da pietre lavorate e rivestite da una scialbatura di latte di calce, come si mostrano in parte oggi alcune statue si sono trasformate a causa del degrado in spaventosi mostri”
I “mostri” di Villa Palagonia hanno attratto a Bagheria molti viaggiatori illustri del passato; e nessuno di loro, probabilmente, vi metterebbe oggi piede per osservare le moderne mostruosità edilizie bagheresi, visibili già dagli svincoli autostradali dell’autostrada Palermo-Catania.
Ancora Scaduto ricorda i nomi settecenteschi di questi personaggi: Michael De Borch, Johann Wolfgang Goethe, Richard Colt Hoare e Lèon Dufourny.
Fra i tanti autori siciliani che hanno scritto delle deformi statue del principe Francesco Ferdinando Gravina e Alliata figura invece anche il giornalista catanese Saverio Fiducia ( 1878-1970).
Il suo racconto venne pubblicato nel marzo del 1953 dalla rivista mensile “Tutta Sicilia” ( edita a Catania da Edizioni Camene ); le fotografie che corredarono il testo – ora riproposte da ReportageSicilia – sono da attribuire a Fosco Maraini, il cui nome compare nella lista dei collaboratori della rivista.

L’articolo di Fiducia – intitolato “Fantasia dell’arte in Sicilia. Villa Palagonia” – difendeva il valore artistico delle statue dei “mostri”, in aperta polemica con il severo giudizio espresso quasi due secoli prima da Goethe:

“Chi più chi meno ci si indignarono tutti, i viaggiatori del Settecento, nel visitare a Bagheria la villa dei Principi Gravina di Palagonia, dall’Houel al Goethe, per dir dei maggiori; il secondo, anzi, nel ‘Viaggio in Italia’, dedicò alle ‘pazzie’ del Principe sei pagine del suo diario palermitano, mentre – mi perdoni l’ombra magna di Lui – non tracciò un rigo per il Duomo e per la Cappella Palatina, per gli stucchi di Giacomo Serpotta e per le tele di Van Dyck e del Monrealese.E’ una carica a fondo quella dell’autore di ‘Faust’, giustificata dall’avere ricevuto la sua squisita sensibilità vibrante di classicismo, da quella ‘kermesse’ del mostruoso e della caricatura, il più fiero dei colpi.

Mostri, draghi, serpenti, chimere, nani, gobbi, pulcinelli, personaggi mitologici con attributi umoristici, cavalli con mani umane, corpi umani con teste equine, tutto insomma il bailamme di scolture ammassato dal Principe Francesco Ferdinando VII senza discernimento e senza scopo sopra zoccoli piedistalli muri, esasperò Goethe, lui sempre vigilatissimo nei suoi giudizi.
Giacchè a sentir lui, Goethe, ed egli lo avrà senza dubbio appreso a Palermo, ciò che nella Villa vi è ‘di stravagante, di frenetico e di delirante’, è dovuto all’iniziativa di questo VII principe dei Palagonia, che il Poeta stesso vide un giorno in una strada della città in parrucca e spadino, solennemente e gravemente presenziare la questua fatta dai suoi servi per riscattare gli schiavi cristiani di Barberia; ma la la costruzione rimonta al 1715 ed è dovuta ‘nella parte più nobile e punto stramba’, allo zio Francesco Ferdinando e al padre Salvatore, rispettivamente V e VI Principe del casato.$


E dovevano essere gente da tenere di conto questi Gravina, se i re di Spagna insignirono del Tesor d’oro i maggiorenti di essi, e se uno è fama abbia coraggiosamente detto a un tracotante Borbone:’Vostra Maestà può disporre della mia vita, non della mia volontà!’
Del resto, a parte le stravaganze disseminate nella Villa ( sulle quali dirò il mio pensiero ), e per quanto Goethe abbia annotato nel suo Diario:
‘Avrebbe fatto meglio ad impiegare le sue enormi ricchezze nel riscattare gli schiavi, anziché prodigarle per le pazzie della Villa’, anche Francesco Ferdinando VII dovette essere uomo di proposito, se era Capo dell’Opera religiosa dei Mercedari, quella che appunto mirava a liberare gli schiavi, e se ne andava in giro a chiedere l’obolo, sia pure facendo stendere la destra ai servi.
Penso, comunque, che costui sia stato un emerito burlone, uno a cui piaceva beffarsi del prossimo; beffarsi soprattutto, con le sue clamorose trovate, della casta a cui apparteneva.
D’altronde non è la memoria sua che intendo difendere; ma dove Goethe, a mio modo di vedere, esagera, è nel volere coinvolgere nelle ‘pazzie’ del Principe, gli artefici materiali di quelle sculture, e nel giudicarli con severità.
‘L’aspetto disgustoso – scrisse – di questi mostri, abborracciati da un qualsiasi tagliapietre, è reso anche più evidente dal volgarissimo tufo in cui sono scolpiti’.
In quanto al tufo, materia vile, non era copia della Venere Siracusana o dell’Apollo di Belvedere che il proprietario commetteva ai suoi scultori; ma in quanto all’esecuzione di queste opere vituperate, io difendo gli artigiani che le eseguirono.
Basta, per convincersene, guardare la caricatura, che direi aristofanesca, del Socrate addossato ad uno dei pilastri del cancello, e meditare sull’indiavolata fantasia inventiva con cui sono ottenute certe ‘chimere’.
Che il Palagonia abbia dettato il tema di ‘uomini con teste equine’ e di ‘cavalli con estremità umane’, lo ammetto; ma l’inimitabile sorriso ironico di quel goffo Socrate, l’ibrida animalità decorativamente pittoresca di quelle chimere, sono dovuti esclusivamente a quei ‘qualsiasi tagliapietre’.
E poi, sono tutte brutte e repugnanti quelle figure?
Non ve ne sono di danzatrici, di dame e cavalieri, di pastori e di pastorelle, ben proporzionate e impostate, vivacemente mosse?
Io vidi Villa Palagonia molti anni or sono, in fretta in fretta, come in un sogno direi.
Era d’inverno, e la giornata piovosa, le nuvole basse e grigie, creavano attorno ad essa e su di essa un’atmosfera d’infinita malinconia; ell’era veramente la casa di nessuno, destinata a sgretolarsi e a scomparire sotto i rovi e le ortiche.
Nel secolo degli scherzi frivoli ed epidermici, nel secolo dei labirinti, verdi come quello di Stra o di pietra come il Biscariano di Catania, la Villa Palagonia fu una beffa clamorosa, giocata da uno spirito bizzarro alla sua stessa casta.
Oggi non è che la testimonianza di un’epoca; un nobile monumento con particolari stravaganti ma significativi, reso triste dall’abbandono…”

Café

Le garçon brun a hésité puis il a pris des crêpes, un peu de confiture et une carafe d’eau. C’est la carafe d’eau qui trahit le manque d’argent. Avec beaucoup de précautions il a tourné l’assiette et l’a photographiée. La fille d’à côté , elle a photographié son chocolat chaud et le garçon n’a pas réussi à la convaincre de prendre une tarte Tatin ou une tarte poire chocolat.

Puis il a découpé un peu manière chirurgicale , et posé de la confiture sur le morceau. Un type traverse. On voit que lui n’est pas habitué à la carafe d’d’eau . Un autre bonnet et moustache.

J’ai commandé le livre sur Palagonia en Italien mais il semble épuisé lui aussi. J’aime beaucoup ce que décrit Goethe et surtout son effarouchement de jeune fille ( hum hum ) quant au gout ( cette tool barre est nulle )

Martin Steffens, L’éternité reçue, c’est ce que le père a dans la poche. Je l’aime beaucoup. Il est drôle, ne me casse pas les pieds avec Dieu, ne ferme pas les yeux en me parlant. Nous engageons une brève conversation sur la mort, sur Dieu. Il me parle de Tertullien. Je rajoute un sucre à mon café. Il regarde le plat du jour pour ce midi et réserve une blanquette. Je lui demande ce qu’est l’ataraxie, en déduit le rôle du médicament Atarax. Nous évoquons l’acédie, mot qu’ignore l’ordi visiblement car il me le remplace par acide. Voilà comme en moins de 10 mn on peut parler du monde, de la vie et de la mort.

Hier RV pour le colloque . Rencontre sympa et conversation à 3 sur le sujet de cette rencontre: Le goût et c’est là où Goethe arrive à point avec ses réflexions sur l’absurdité, l’extravagance, et le gout soit disant mauvais  de la Palagonia.

J’ai envie de partir à l’école avec des livres et de ne pas penser une minute à la peinture. Le moins que l’on puisse dire est que ça résiste. Pas le souvenir ( mais je crois toujours que c’est la première fois ) pas le souvenir d’avoir ramé ainsi sur une peinture.

Ah oui j’ai acheté un nouvel oiseau, une fille reconnaissable à son poitrail moins rouge que le mâle. On verra.

LES FOLIES DU PRINCE P. / GOETHE 9 avril 1787

Les folies du prince Pallagonia nous ont occupés tout le jour. Et ces folies se sont trouvées tout autres que les récits et la lecture ne nous les avaient représentées. Car, avec le plus grand amour de la vérité, celui qui doit rendre compte de l’absurde est toujours embarrassé. Il veut en donner une idée, et par là il lui donne quelque valeur, tandis qu’à vrai dire, c’est un rien qui veut être compté pour quelque chose. Je dois ajouter d’abord une autre réflexion générale, c’est que ni l’œuvre du plus mauvais goût, ni la plus excellente, ne proviennent immédiatement d’un seul homme, d’une seule époque, et qu’avec quelque attention on peut assigner à l’une et à l’autre une généalogie. La fameuse fontaine de Palerme doit être rangée parmi les ancêtres de la démence pallagonienne. Seulement la fontaine est ici sur son propre terrain, et se produit dans la plus grande liberté. Je veux chercher à développer cette filiation.

Si, dans ces contrées, un château de plaisance est situé plus ou moins au milieu du domaine et que, pour arriver à la demeure seigneuriale, il faille passer à travers des terres labourées, des jardins potagers et d’autres établissements utiles d’exploitation rurale, en cela, les méridionaux se montrent meilleurs ménagers que les gens du Nord, qui sacrifient souvent à l’établissement d’un parc une grande étendue de sol fertile, pour flatter la vue avec de stériles buissons. Dans le Midi, au contraire, on élève deux murs, entre lesquels on arrive au château sans apercevoir ce qui se trouve à droite et à gauche. Cette avenue commence d’ordinaire par un grand portail ou même-par un passage voûté, et finit dans la cour du château. Or, afin que l’œil trouve entre les murs de quoi se satisfaire, ils sont courbés en dehors, ornés de volutes et de piédestaux, sur lesquels ça et là peut se dresser un vase ;

Les faces sont ravalées, divisées en compartiments et peinturées. La cour du château forme un rond de maisons d’un étage, où demeurent les valets et les ouvriers ; le château s’élève sur le tout son imposante masse carrée.Telle est la disposition traditionnelle, comme elle a existé probablement jusqu’au temps où le père du prince bâtit le château dans un goût qui, s’il n’était pas des meilleurs, était du moins supportable. Mais le possesseur actuel, sans renoncer à ces traits généraux, permet la plus libre carrière à son goût et à sa passion pour les formes laides, monstrueuses, et on lui fait beaucoup trop d’honneur en lui accordant seulement une étincelle d’imagination.

Nous entrons donc dans la grande salle, qui commence à la limite du domaine, et nous trouvons un octogone très-haut pour sa largeur. Quatre géants énormes, en guêtres modernes, boutonnées, soutiennent la corniche, sur laquelle, vis-à-vis de l’entrée, plane la sainte Trinité. L’avenue qui mène au château est plus large que d’ordinaire, le mur est changé en un socle élevé et continu sur lequel des bases remarquables supportent des groupes étranges, et, dans l’intervalle de l’un à l’autre, s’élèvent des vases nombreux. Ces monstruosités, fabriquées à la hâte par les plus vulgaires tailleurs de pierre, sont d’autant plus choquantes qu’elles sont faites du tuf coquillier le plus tendre. Toutefois une meilleure matière ne rendrait que plus frappante l’indignité de la forme. J’ai parlé de groupes : c’était me servir d’une expression fausse et impropre, car ces juxtapositions ne sont nées ni d’aucune sorte de réflexion ni même du caprice, elles sont plutôt entassées au hasard. Trois groupes forment chaque fois la décoration d’un de ces piédestaux carrés, leurs bases étant disposées de telle sorte que toutes ensemble, dans des positions diverses, remplissent l’espace quadrangulaire. Le groupe principal consiste ordinairement en deux figures, et sa base occupe la plus grande partie de la face antérieure du piédestal. Ce sont le plus souvent des monstres à figure d’hommes ou d’animaux. Pour remplir l’espace postérieur du piédestal, il faut encore deux groupes : celui de grandeur moyenne représente ordinairement un berger ou une bergère, un cavalier ou une dame, un singe ou un chien dansant. Mais il reste encore un vide sur le piédestal : il est rempli le plus souvent par un nain, car cette race joue partout un grand rôle dans les plaisanteries insipides.

Mais, pour donner au complet les éléments de l’extravagance du prince Pallagonia, nous en dresserons le catalogue. Créatures Humaines : mendiants, mendiantes, Espagnols, Espagnoles, Maures, Turcs, bossus, gens contrefaits de toute sorte, nains, musiciens, polichinelles, soldats costumés à l’antique, dieux, déesses, gens habillés à l’ancienne mode française, soldats en guêtres, portant gibernes, mythologie avec des additions burlesques, Achille et Chiron avec Polichinelle. Animaux : figures incomplètes, cheval avec des mains, tête de cheval sur un corps humain, singes défigurés, dragons et serpents en nombre ; toute espèce de pattes à des figures de tout genre, doublements, permutations de têtes. Vases : toute sorte de monstres et d’ornements qui se terminent par en bas en ventres de vases et en socles.

Qu’on se représente ces figures exécutées par centaines, dépourvues de sens et d’esprit, rassemblées sans choix et sans dessein ; qu’on se figure ces socles, ces piédestaux et ces monstres alignés à perte de vue, on partagera l’impression pénible dont chacun doit être saisi, lorsqu’il est poussé à travers ces vergers de la folie.

Nous approchons du château, et une avant-cour demi-circulaire nous ouvre ses bras : le mur principal, en face, dans lequel est pratiquée la porte d’entrée, est construit comme une forteresse. Nous y voyons une figure égyptienne enchâssée dans le mur, un jet d’eau sans eau, un monument, des vases dispersés alentour, des statues qu’on a couchées sur le nez. Nous entrons dans la cour du château, et nous trouvons le rond traditionnel, entouré de petits bâtiments, et formant dans son contour des demi-cercles plus petits, afin que la diversité ne manque pas. Le sol est en grande partie gazonné. Il s’y trouve, comme dans un cimetière dégradé, des vases de marbre bizarrement contournés, qui proviennent du père ; des nains et d’autres monstruosités d’une époque plus récente, jetés pèle mêle sans avoir pu jusqu’à ce jour trouver une place. On passe même devant un berceau tout rempli d’anciens vases et d’autres pierres contournées. Mais l’absurdité de ce mauvais goût se montre au plus haut degré en ce que les corniches des petits bâtiments sont inclinées d’un côté ou de l’autre, en sorte que le sentiment du niveau et de la ligne verticale, qui est une loi de l’intelligence humaine et la base de toute eurythmie  est blessé et froissé en nous. Et toutes ces toitures sont bordées à la file d’hydres et de petits bustes de singes musiciens et de folies pareilles. Les dragons alternent avec les dieux ; un Atlas, au lieu de la voûte du ciel, porte sur le dos une futaille.

Si l’on croit échapper à tout cela dans le château, bâti par le père, et qui offre un aspect relativement raisonnable, on trouve, un peu en avant de la porte, une tête d’empereur romain, couronnée de lauriers, posée sur un corps de nain, qui est assis sur un dauphin. Dans le château même, dont l’extérieur fait attendre un intérieur passable, la fièvre du prince recommence à extravaguer. Les pieds des chaises sont sciés inégalement, en sorte que personne ne peut s’asseoir, et le concierge invite les visiteurs à se défier des sièges solides, parce que sous leurs coussins de velours ils cachent des épines. Dans les angles sont des candélabres en porcelaine de Chine, qui, observés déplus près, sont composés de tasses, de coupes, de soucoupes et autres pièces cimentées ensemble. Pas un coin où ne se montre quelque caprice. Et même la vue admirable de la mer, par-dessus les promontoires, est gâtée par des vitraux coloriés qui, par un ton faux, refroidissent ou embrasent la contrée. Je dois citer encore un cabinet lambrissé de vieux cadres dorés, taillés pour être ajustés ensemble. Là toutes les mille formes de ciselure, toutes les différentes dégradations de dorures vieilles ou nouvelles, plus ou moins poudreuses et endommagées, se pressent les unes contre les autres, couvrent toutes les murailles, et donnent l’idée d’une boutique de bric-à-brac.

Il faudrait un volume pour décrire la chapelle seulement. On y trouve la clef de toute cette extravagance, qui ne pouvait pulluler à ce point que dans un esprit bigot. Je laisse à penser toutes les grossières images d’une dévotion déréglée qui peuvent se trouver là, mais je ne passerai pas le meilleur sous silence. On voit fixé au plafond un crucifix sculpté assez grand, ayant les couleurs de la nature, verni, avec de la dorure entremêlée. Dans le nombril du crucifix est vissé un crochet ; à ce crochet est suspendue une chaîne fixée à la tête d’un adorateur agenouillé, qui flotte dans l’air, et qui, peinturé et verni,comme toutes les autres images de l’église, doit présenter un emblème de l’incessante dévotion du seigneur châtelain. Au reste le palais n’est pas terminé : une grande salle, établie par le père, et dont la décoration riche, variée, n’est pas d’un effet désagréable, est inachevée ; car la vaste folie du maître ne peut venir à bout de ses extravagances.

Kniep, dont le sens artiste était révolté dans cette maison d’aliénés, s’est montré impatient pour la première fois : il m’a entraîné comme je cherchais à me représenter et à noter en détail les éléments de cette absurde création. Toutefois il a bien voulu à la fin dessiner un des groupes, le seul qui offrît du moins une sorte de tableau. Il représente une femme à tête de cheval, assise sur une chaise et jouant aux cartes avec un cavalier dont le corps est vêtu à la vieille mode, et dont la tête de griffon est parée d’une grande perruque surmontée d’une couronne. Cela rappelle les armes de la maison Pallagonia, qui sont encore bien étranges après toutes ces folies : un satyre présente le miroir à une femme à tête de cheval.

Pas envie de parler

Carved-Coconut-as-Powder-Flask

Peinture

Appel osteo et RV

Reprendre tennis le lundi. On va voir si je peux avec le dos douloureux

A faire: Prise de sang, radios.

M’ennuie. Mais travaille / Ou m’ennuie et travaille

A quoi bon? Pour quoi faire ? So what.

Mandelstam

Divine Comédie

M’ennuie. Envie de marcher dans les bois.

Travail.

Compote de pommes

Boxcar Bertha/ Super

Revu les Affranchis et Casino.

Télé tard.

Regarde vols pour Naples mais quand?

Premier conseil d’administration au Musée: Les gens sont sérieux. C’est intéressant.

Rêve de personnages très étranges ( genre ardents ) avec plein de cheveux comme des fétiches. Je suis sur mon vélo et vais prendre la rue de Clichy en sens interdit comme d’habitude. Je crois que ce sont de vraies personnes, mais il y en a de plus en plus avec des bosses, des bouches tordues. Non ils sont déguisés. c’est incroyable.C’est une manifestation.

Oiseau se tait

Sirène de pompiers

 

 

PHOTO COULEUR

Je me plais sur cette photo. Est ce que je sais marcher? Pas certain. Ma mère doit avoir 44 ans. Une mère âgée. Il y avait de la paille dans l’écureuil je crois.

Bon. C’est tout.

Rien ne peut- il Seigneur changer votre entreprise?

Vous ne répondez point?

Que veux tu que je dise?

IMAGE MYSTÈRE

JENEMESOUVIENSPASDUTOUT

DECELAETQUANDJ’AIOUVERTLEFICHIER

J’AIPENSÉÀUNESORTED’IMAGEFANTÔME

(GENRECEQUELEPAPIERPEINTARACONTÉ.)

 

Merci pour

« Now, being invisible, I walk without mantilla,
In the much horned-night, as the chief personage. »

 » A présent,invisible, je marche sans mantille
Dans la nuit si cornue, en personnage principal. »

Wallace Stevens

( A l’instant de quitter la pièce)

LN ornithologue

Seigneur est mort le jour de mon départ en Sicile. Il était ébouriffé, respirait très vite et ne volait plus. Il faut que j’aille demander pourquoi et ce qui s’est passé.

Et pourtant il avait choisi l’Art de la Mémoire de Frances Yates. Ce n’est pas un désir d’imbécile que celui-ci. Lui lire à haute voix m’aurait permis de le lire en entier ce que je dois faire depuis au moins vingt ans!

Trop bu hier soir. Zut. Fatiguée à cause de ça.

SICILE 2017/ HORROR VACUI

Arrivées à Catane. Nous avions évité cette ville, R et moi il y a plus de 20 ans, je ne sais absolument pas pour quelle raison. L’idée préconçue d’une ville industrielle, d’une ville sans intêtet? Je ne sais pas. On m’a dit récemment, Catane, c’est mieux que Palerme. Tu rigoles me dis-je. Bon il y a Naples que j’adore. Puis mon souvenir de ces deux tours de Sicile il y a bien longtemps. Quelle merveille. De Noto à Agrigente, de Taormine à Syracuse de Palerme à Mondello tout dans le désordre. Piazza Armerina et Gela dans une brume ocre. Je croyais ressembler à Ulysse et découvrir une terre. Des cafés, des hommes et cette lumière jaune et industrielle. Cette lumière opaque comme si Claude regy était passé par là.. Nous avions fui. Puis tout accompli dans un bonheur total de temples, d’hôtels crados et de processions sublimes. Des vierges qui oscillaient, portées par des hommes en sueur. La virilité/ la vierge. Soupirs et beauté rude. Image pieuse, foi brute, beauté de cette foi d’ex-voto/ implacable et polychrome. Pleurs et mains jointes/Tout dans une succession de glaces délicieuses, de courses de vélos, de mosaïques, et d’hôtel Carlton avec son bruit d’ascenseur.

Aujourd’hui, je suis sur la place de l’éléphant de lave. Un palais derrière moi, son nom je l’ignore et mille mascarons magnifiques que je m’empresse de photographier. V me dit: —-Eclate toi. Ci-fait. C’est trop beau ces visages pensifs, crétins, monstrueux, stupides, cassés, tristes, pensifs, mélancoliques. J’adore. Catane en Novembre me semble une ville tranquille de province. Je filme un terrain de sports qui sera beau au ralenti, un buste blanc dans des lauriers. Nous nous épouvantons des rues principales atrocement banales avec leurs magasins genre Zara, hideux et ordinaires. En face d’une marque et de sa devanture sonore, une église. Terrible, austère, sombre. Des hommes parlent seuls, un autre me demande un peu d’argent contre une image pieuse. Si ce n’est ces magasins atroces qui offrent des jeans déchirés, je me trouve des années en arrière. Un monde désormais ancien et que j’aime avec ses figures, ces hommes et femmes d’un autre temps sous l’Etna. Quelle beauté l’Etna. J’ai apporté mes jumelles. La neige là-haut et des nuages qui passent, s’amenuisent, deviennent transparents. En haut de la coupole gravie avec joie je dis: Là, un skieur !!! et V. pour une fois ne me croit pas. Ce que je vois jumelles aux yeux c’est une route de lave noire, c’est toi et moi, l’hôtel sur la même route noire du sommet. Puis quelques années plus tard et une éruption plus loin, nôtre refuge pris dans la lave. Plus haut des sortes de Buzz Aldrin en activité.

Spaghettis alle vongole.
L’hôtel est hyper propre et sans grand interêt.

A Paris, Seigneur est mort. En partant je m’étais inquiété de son état soudain. Ebouriffé, respiration saccadée, et il ne volait plus.

Jacques Rancière:
Don Quichotte ne regarde pas par la fenêtre ( il dit cela sur un ton qui me fait pouffer de rire. Oui, DQ n’est pas Madame Bovary, accrochée aux vitres de sa chambre, pâle d’amour. Elle est cinglée à sa manière, ennuyeuse… et le chevalier est cinglé total. )

L’apprentissage de la méconnaissance
Pas de souci de vraisemblance / Nouveau réel

Invention et imagination / Conrad
Véritable imagination/ Ne rien inventer.
Un personnage d’invention ne sort pas d’une brume nordique Partir d’une figure réelle et de développer la puissance d’histoire.

Jeudi/ Catane Palerme / 2 cappuccini / Palerme Bagheria Villa Paladonia

C’est à 15mn de Palerme. La banlieue. Marcher. Personne Pas d’intérêt particulier. Ca monte. Via Paladonia. Une sorte d’arc, de porche d’entrée en semi ruine avec ses géants curieux, au visage effacé ou rongé.Ils n’ont pas l’air particulièrement contents de me rencontrer. Bottes, fusil de pierre. Magnifiques et maladroits ils gardent ce qui sans doute fut une allée d’entrée au 18 ème siècle. Ils ont vraiment de drôles de têtes et je me demande s’ils sortent l’épée et pourquoi ils sont dos à dos. Le soir des enfants jouent au foot la-dessous ( l’endroit est dégueulasse plein de papiers, de saletés comme dans beaucoup d’endroits. le tri sélectif semble ne pas être arrivé jusque là.). Je me demande un instant si leur vie en sera modifiée, s’ils s’en souviendront. Je me demande s’ils voient cette ruine. Au loin des arbres annoncent un parc ou un jardin et on arrive devant une grille qui n’a pas dû être ouverte hier. On colle nos visages. Personne. C’est dans ce palais que j’ai réservé une chambre et que l’on va dormir. C’est certain qu’il n’y aura que nous. Pas de touristes. Trouver l’entrée, puis boire des citrons pressés en attendant l’ouverture. Calme plat. Des vieux jouent aux cartes. Il fait doux. Chouette on dort là. Chouette. Après avoir désespérément cherché une autre villa dont on voyait le parc et un morceau de balustrade en pierre (une vieille dame sur son balcon nous dit qu’il faut monter au cancello/ Oui mais où bazar???)

On abandonne et nous voilà dans notre demeure, à l’entrée. Je dis que j’ai réservé pour la nuit et là, vu le sourire du gardien et son air interrogatif je me demande ce qui se passe.

— Dormir ici?  Vous allez dormir ici?

— Moi/ Oui oui. Ici.

—Mais on ne dort pas ici. C’est privé!

V. Commence à se gondoler et moi à verdir. Mais où ai-Je réservé???? On le saura plus tard. Pour le moment on visite. A nous la villa Palagonia. En long en large et en travers! C’est magnifique. Le jardin d’abord avec en haut des murs un théâtre de pierre. Des drôles de figures difformes, oui des sortes de monstres. Des soldats, des aristocrates, un faux paralysé à jambe de bois et dont la jambe est repliée. On penses à des mendiants de Bosch ou Breughel ou Jacques Callot peut-être. Des chimères et une licorne sans doute, à corne brisée. Tout cela est magique et dans un état terrible. Certains statues jouent de la musique. Un homme ou une femme nue à côté d’un âne et tiens , Mercure un peu déhanché .

J’adore cette image et ce jeune homme. Il porte une armure, il est mélancolique. Mélancolique aussi un autre jeune garçon allongé dans l’herbe. Il s’appuie sur son coude de marbre. Il rêve. C’est super beau.
Un escalier double, des bustes, une étoile, des motifs cassés. Et passée une belle pièce et ses fresques en grisaille,Les travaux d’Hercule,  c’est la salle de bal. Stupéfiante avec son plafond en miroirs anciens.; je photographie et re-photographie et me parle seule peut-être à voix haute. Je me sens là chez moi et soudain file à l’entrée car je n’ai plus de batterie. Je dis à l’homme des tickets:

—J’adore. C’est merveilleux de vivre ici..

Il me répond que franchement lui, il n’aime pas car c’est le confort dans la vie qui importe !!! Oui oui .

Depuis cette visite et l’hôtel très confortable et très moche qui suivit… Heu … Heu… Ah, c’est là.. Ya une sorte de boite de nuit en dessous. Escalier type HLM en marbre, banlieue à 15 mn de Palerme et pourquoi dormir ici / Ben parce que je croyais rêver dans un palais à l’abandon. Oué l’hôtel, un B&B et on est accueillies super sympa par une mamie Tupperware dirais-je.Les chambres sont propres et dénuées d’intêrêt avec des peintures moches au dessus du lit.  On écoute une redif de France culture, là où Coco s’en prend à C.H au Palais de Tokyo…

Un restaurant et à la table à côté une famille et deux enfants qui regardent un film avec le son sur l’iphone. On change de place sous l’oeil interrogatif des parents. C’est bon. Le vrai fritto misto avec des vrais poissons c’est un régal. Et mes pâtes….

Un énorme orage la nuit et une pluie battante. Ce sera la seule pluie du séjour malgré les prévisions.

L’appartement au Capo ets génial et immense, pas loin de 200 m2 avec un piano et une harpe, des plafonds peints… C’est très drôle et moi qui n’aime pas trop le genre «  ancien « , car ça m’angoisse, là c’est bien. Le lit est en bois sombre et je fais la morte, V. joue du piano, je regarde le marché dans la rue deux étages plus bas. La voix hyper grave du boucher, les marchands de légumes et de fruits magnifiques. On mange des gambas dans la rue. Et des fraises des bois, et des jus d’orange frais.

Marcher, marcher, baroque et baroque et faux et vrais marbres, reliquaires, marquetterie de marbres colorés. La peur du vide, l’horreur du vide, horror vacui!

Monreale, festival de marionnettes et la famille NApoli de CAtane. extraordinaire spectacle ( malgré ma peur et mes idées un peu préconçues )

PLEINE LUNE

Image Nasa / Catalogue vente Vermot

Samedi je suis passée à la librairie, j’ai tournicoté et acheté plusieurs livres; Ai découvert le catalogue de éditions de Cendres qui font de très beaux livres ( chers ) mais qui ouf et ouf n’ont rien à voir acec ces horreurs que propose la Nouvelle Hune. Que c’est laid et bête ces gros livres prétentieux destinés à une table basse de salon. Bref. Suis entrée en sortant des BA et j’ai fui. Donc oui éditions des Cendres je regarde. C’est cela que je trouve beau.

135 eu l’un. c’est super bien imprimé

Le livre d’André Jammes (Papiers dominotés. Trait d’union entre l’imagerie populaire et les papiers peints. France 1750-1820) a donné de découvrir

Papiers dorés d’allemagne au siècle des lumières

Papiers dominotés italiens. Un univers de couleurs, de fantaisie et d’invention (1750-1850)

Hier soir, à Saint Denis, Ex-libris / fred Wiseman qui après cette traversée de plus de 3H, parlera au public. Il est très drôle. Les gens trop compliqués. Quelles sont vos références?

Les Marx brothers/ Vous avez à ce moment là fait un zoom… Lui: Oh pardon , excusez moi. La justesse et la simplicité de ses réponses sont délicieuses et désarment. C’est si simple. les gens veulent poser des questions tarabiscotées. J’en ai marre. En plus mon voisin dès que la lumière s’est rallumée à commencé son paquet de cacahuetes, raisins secs etc. Puis ( comment écrire le bruit insupportable de la langue qui va chercher dans les dents les micros bouts coincés ) , ensuite il traficote ses ongles en écoutant, retient trois petits rots gracieux que j’entends néanmoins. Les gens sont horribles sauf moi !. C’était une bonne soirée. Pas vu passer le film. Ce n’est pas un documentaire mais un film sur le savoir partagé, le savoir qui veut être partagé. Les efforts des uns vers les autres.

A la maison quand je rentre il est déjà tard et j’écoute avec intérêt une rediffusion d’un truc avec Jean pierre Vincent, puis Gilles Aillaud. J’avais oublié le nom de Recalcati et du tableau  propos de Marcel Duchamp poussé dans l’escalier. A un étudiant très mignon qui justifiait sa performance par rapport à Duchamp, j’ai  dit d’arrêter tout ce truc et que ce serait bien de parler d’autre chose que de ce cher Marcel. Faites ce que vous avez à faire et ne démontrez rien. Pas d’explications.

Nuit agitée, encore des images en pagaille, Anne morte, G malade, des cercueils et des enfilades de pièces, mélange du Musée d’Orsay, d’Amiens, d’un Hotel, d’un Jardin.Pfff

Travail à Argenteuil.

Je regarde les relevés que j’ai faits des dessins de Mengelé. Une espèce de bonhomme inattendu ( le dessin ).

 

SOMMEIL DE LA RAISON

Cette nuit après une petite euthanasie pratiquée sur moi par des amis (  on me pique au poignet et j’ai peur de me réveiller. Dans la nuit j’appelle car ça ne marche pas et je me vide de l’intérieur de mon corps.) On remet tout cela en place et c’est à la troisième piqure que cela marche. Sans marcher d’ailleurs ( en fait il s’agit de s’endormir ce qui dans la plus cucu des psychanalyses est l’explication de la mort/ Je dis mal mais je suis pressée ) Bref autour des 3 piqures c’est un peu plus sombre car l’acide à a marqué la peau. Cela me rappelle ce qui m’avait toujours impressionnée chez R.: ses trois cicatrices au poignet pour son faux suicide afin de ne pouvoir partir en Algérie. Trois petites lignes blanches qui ne s’étaient jamais effacées. Bref. Réveil libérateur à 7h, j’allume la radio et me remets au lit quelques minutes; Je me rendors et assiste à un spectacle alors que je rentre à Paris. Il y a une jeune personne sur scène, un bâton sculpté , deux plaques de verre, un mannequin en bois et une voiture rouge pour enfant. La B est avec moi et s’ennuie. L’espace est blanc un peu brouillard. Visuellement c’est assez beau. Il y a un truc qui manque mais je ne sais pas quoi. La personne danse. La petite voiture tourne sur un socle. Le plateau est vide et on ne voit que la moitié du corps de l’acteur figé entre la scène et les coulisses.

Vu l’exposition de Camille Henrot. Je connaissais Renard pâle ( le livre je l’ai lu à 18 ans, c’est très passionnant dans mon souvenir ) et le film un peu pornographique que Paini avait montré il y a pas mal de temps. Que dire? C’est nickel dès le début. Fronton majestueux comme pour une exposition universelle. Le film tout d’abord. Je m’y sens mal à l’aise et ce n’est pas dû à la 3D que je trouve assez drôle. Non. c’est que ça me rappelle quelque chose, mais quoi? Alors que je regarde les images léchées, l’absence de sous-titrage en Français,les Pentecôtistes, baptêmes et chants/ les crabes , les insectes, la planètes, l’écologie et vlan et vlan le coca cola et le sucre. Ca y est j’ai trouvé. Cela ne me rappelle pas des images ( encore que ) mais la sensation devant le film Tree of life ( E. va me casser la gueule mais ….) Sensation très désagréable d’irritation face à cette » beauté »léchée elle aussi, ce ton, cette foi que je partagerais volontiers mais pas avec Terence Malik c’est certain. J’ai l’impression d’images sulpiciennes de notre temps ( aie il m’a cassé une dent ), d’images agrandies/ de celles que vendent à la sortie des métros deux personnes en général gelées et gaies comme des pinsons sans ailes  : Réveillez-vous!

Fini le Grans méchant loup hier.

Hop un courrier aux étudiants, la poste et zou.

Ah ben j’ai pas fini de parler de l’expo. Plus tard…. Puis revue minotaure, puis …

DREAMS et cauchemar

Hier j’ai passé une bonne journée aux beaux arts. Et… tel C.  Et…  Diner chez A et JM. Très bon. Et très drôle. C. me propose de la retrouver. Elle arrive de L.A. Raté… Trop tard pour moi. 2h30 / Je rentre parmi les personnages assez ordinaires d’Halloween.Chapeaux pointus noirs et nases et quelques inventions médiocres.  Seul un type au visage sanguinolent me semble impec. Deux garçons veulent faire une photo avec moi… Ai-je une tête de mort sans le savoir? Puis ils me font une bise gentille. Me prennent ils pour leur grand mère? J’en chie en rentrant en Velib/ tel à M.

Ce matin il fait si beau que je pars à Arg à vélo… Je traverse le pont de Clichy, hésite à aller au Cimetière des chiens dont j’aperçois l’entrée  pour voir si la toussaint existe là aussi. Puis je trace. Clichy , un marché, Asnières un autre, je regarde comme une touriste les boutiques d’expéditions de colis au bled, les agences de billets de car pour l’Algérie / Je ferais bien ça d’ailleurs  / Les gens, population arabe ( j’aime pas dire maghrébin, on dirait que arabe c’est honteux. C’est beau comme mot arabe.)

Je lis un truc drôle sur le fB de PZ , voir image plus haut. C’est marrant ces formes!!!

Pui me retrouve sur un site d’auctions car je cherche les dessins de Mengele dans ses carnets qui ont été vendus et achetés de façon anonyme. Son fils Rolf??

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